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Cos'รจ il Voynich?

ECCO ALCUNI VIDEO INTERESSANTI CHE POSSONO DARVENE UN'IDEA.

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INFORMAZIONI GENERALI SUL MANOSCRITTO VOYNICH.

Il manoscritto Voynich è un codice illustrato risalente al XV secolo (la datazione al radiocarbonio ha stabilito con quasi totale certezza che il manoscritto sia stato redatto tra il 1404 e 1438), scritto con un sistema di scrittura che a tutt'oggi non è stato ancora decifrato. Il manoscritto contiene immagini di piante che non sono identificabili con nessun vegetale attualmente noto e l'idioma usato nel testo non appartiene ad alcun sistema alfabetico/linguistico conosciuto. È stato definito da Robert Brumbaugh come "il libro più misterioso del mondo"[1].

Il manoscritto, del quale non esistono copie, è attualmente conservato presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell'Università di Yale, negli Stati Uniti, dove reca il numero di catalogo «Ms 408».

Composizione e caratteristiche

Il volume, scritto su pergamena di capretto, è di dimensioni piuttosto ridotte: 16 cm di larghezza, 22 di altezza e 4 di spessore. Consta di 102 fogli, per un totale di 204 pagine. La rilegatura porta tuttavia a ritenere che originariamente comprendesse 116 fogli e che 14 si siano smarriti.

Fanno da corredo al testo una notevole quantità di illustrazioni a colori, ritraenti i soggetti più svariati: proprio i disegni lasciano intravedere la natura del manoscritto, venendo di conseguenza scelti come punto di riferimento per la suddivisione dello stesso in diverse sezioni, a seconda del tema delle illustrazioni:

Sezione I (fogli 1-66): chiamata botanica, contiene 113 disegni di piante sconosciute.
Sezione II (fogli 67-73): chiamata astronomica o astrologica, presenta 25 diagrammi che sembrano richiamare delle stelle. Vi si riconoscono anche alcuni segni zodiacali. Anche in questo caso risulta alquanto arduo stabilire di cosa effettivamente tratti questa sezione.
 Sezione III (fogli 75-86): chiamata biologica, nomenclatura dovuta esclusivamente alla presenza di numerose figure femminili nude, sovente immerse fino al ginocchio in strane vasche intercomunicanti contenenti un liquido scuro.

Subito dopo questa sezione vi è un foglio ripiegato sei volte, raffigurante nove medaglioni con immagini di stelle o figure vagamente simili a cellule, raggiere di petali e fasci di tubi.

Sezione IV (fogli 87-102): detta farmacologica, per via delle immagini di ampolle e fiale dalla forma analoga a quella dei contenitori presenti nelle antiche farmacie. In questa sezione vi sono anche disegni di piccole piante e radici, presumibilmente erbe medicinali.

L'ultima sezione del Manoscritto Voynich comincia dal foglio 103 e prosegue sino alla fine. Non vi figura alcuna immagine, fatte salve delle stelline a sinistra delle righe, ragion per cui si è portati a credere che si tratti di una sorta di indice.

Il manoscritto Voynich deve il suo nome a Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari di origini polacche, naturalizzato inglese, che lo acquistò dal collegio gesuita di Villa Mondragone, nei pressi di Frascati, nel 1912. Il contatto tra Voynich ed i gesuiti fu padre Giuseppe Strickland (Joseph Strickland 1864-1915), religioso gesuita. I gesuiti avevano bisogno di fondi per restaurare la villa e vendettero a Voynich trenta volumi della biblioteca, che era formata anche da una raccolta di volumi del Collegio Romano trasportati al collegio di Mondragone insieme alla biblioteca generale dei Gesuiti, per salvarli dagli espropri del nuovo Regno d'Italia, tra cui quello misterioso.

Voynich rinvenne, all'interno del libro, una lettera di Johannes Marcus Marci (1595-1667), rettore dell'Università di Praga e medico reale di Rodolfo II di Boemia, con la quale egli inviava questo libro a Roma presso l'amico poligrafo Athanasius Kircher perché lo decifrasse.

Voynich stesso affermò che lo scritto conteneva minuscole annotazioni in greco antico e datò il volume come originario del XIII secolo.

Nella lettera, recante l'intestazione "Praga, 19 agosto 1665" (o 1666), Marci affermava di aver ereditato il manoscritto medievale da un suo amico (che in seguito le ricerche riveleranno essere un non meglio noto alchimista di nome Georg Baresch), e che il suo precedente proprietario, l'imperatore Rodolfo II, lo aveva acquistato per 600 ducati (una cifra molto elevata), credendolo opera di Ruggero Bacone.

La datazione del testo è ancora controversa.

Fino agli inizi del 2011 si è ipotizzato che il manoscritto fosse stato creato ad arte come falso nel XVI secolo, per perpetrare una truffa ai danni di Rodolfo II. Secondo tale ipotesi, il truffatore sarebbe stato l'astrologo mago e falsario inglese Edward Kelley aiutato dal brillante filosofo John Dee.

A confutare questa teoria è però sopravvenuta la datazione ottenuta mediante la tecnica del Carbonio-14 nel febbraio 2011. Un gruppo di ricerca presso l'Arizona University è stato autorizzato ad asportare quattro piccoli campioni (1 millimetro per 6) dai margini di differenti pagine. A seguito di una datazione al radiocarbonio le pergamene parrebbero risalire ad un periodo compreso fra il 1404 e il 1438. L'impossibilità di analizzare l'inchiostro col quale il manoscritto è stato redatto lascia però ancora spazio a qualche diatriba.[2]

Precedenti ipotesi collocavano la stesura del testo intorno agli inizi del XVII secolo poiché un'analisi all'infrarosso aveva rivelato la presenza di una firma, successivamente cancellata, di Jacobi a Tepenece, al secolo Jacobus Horcicki, morto nel 1622 e principale alchimista al servizio di Rodolfo II.

Inoltre, poiché una delle piante raffigurate nella sezione "botanica" è quasi identica al comune girasole giunto in Europa all'indomani della scoperta dell'America e quindi successivamente al 1492, si è supposto che l'autore non potesse ancora conoscere tale pianta ergo il libro sarebbe stato scritto solo successivamente a tale data.
In molti, nel corso del tempo, e soprattutto ultimamente, hanno cercato di decifrare la lingua sconosciuta del Voynich. Il primo ad aver affermato di essere riuscito nell'impresa fu William Newbold, professore di filosofia medievale alla Università di Pennsylvania. Nel 1921 pubblicò un articolo in cui proponeva un elaborato ed arbitrario procedimento con cui tradurre il testo, che sarebbe stato scritto in un latino "camuffato" addirittura da Ruggero Bacone. La conclusione a cui Newbold arrivò con la sua traduzione fu che già nel tardo Medioevo sarebbero state conosciute nozioni di astrofisica e biologia molecolare. Newbold analizzando il manoscritto però si accorse che le minuscole annotazioni in realtà altro non erano che crepe nella pergamena invecchiata.

Negli anni quaranta i crittografi Joseph Martin Feely e Leonell C. Strong applicarono al documento dei sistemi di decifratura sostitutiva, cercando di ottenere un testo con caratteri latini in chiaro: il tentativo produsse un risultato che però non aveva alcun significato. Il manoscritto fu l'unico a resistere alle analisi degli esperti di crittografia della marina statunitense, che alla fine della guerra studiarono ed analizzarono alcuni vecchi codici cifrati per mettere alla prova i nuovi sistemi di decodifica. J.M. Feely pubblicò le sue deduzioni nel libro "Roger Bacon's Cipher: The Right Key Found" in cui, ancora una volta, attribuiva a Bacone la paternità del manoscritto.

Nel 1945 il professor William F. Friedman, costituì a Washington un gruppo di studiosi, il First Voynich Manuscript Study Group (FSG). Egli optò per un approccio più metodico e oggettivo, nell'ambito del quale emerse la cospicua ripetitività del linguaggio del Voynich. Tuttavia, a prescindere dall'opinione maturatagli nel corso degli anni in merito all'artificialità di tale linguaggio, all'atto pratico la ricerca si risolse in un nulla di fatto: a niente servì infatti la trasposizione dei caratteri in segni convenzionali, che doveva fungere da punto di partenza per qualsiasi analisi successiva.

Il professor Robert Brumbaugh, docente di filosofia medievale a Yale, e lo scienziato Gordon Rugg, in seguito a ricerche linguistiche, sposarono la teoria che vedrebbe il Voynich come un semplice espediente truffaldino, volto a sfruttare il successo che a quel tempo le opere esoteriche solevano riscuotere presso le corti europee.

Nel 1978 il filologo dilettante John Stojko credette di aver riconosciuto la lingua, e affermò che si trattasse di ucraino, con le vocali rimosse. La traduzione però pur avendo in alcuni passi un apparente senso (Il Vuoto è ciò per cui combatte l'Occhio del Piccolo Dio) non corrispondeva ai disegni.

Nel 1987 il fisico Leo Levitov attribuì il testo a degli eretici Catari, pensando di aver interpretato il testo come un misto di diverse lingue medievali centroeuropee. Il testo tuttavia non corrispondeva con la cultura catara, e la traduzione aveva poco senso.

Lo studio più significativo in materia resta ad oggi quello compiuto nel 1976 da William Ralph Bennett, che ha applicato la casistica alle lettere ed alle parole del testo, mettendone in luce non solo la ripetitività, ma anche la semplicità lessicale e la bassissima entropia: il linguaggio del Voynich, in definitiva, non solo si avvarrebbe di un vocabolario limitato, ma anche di una basilarità linguistica riscontrabile, tra le lingue moderne, solo nell'hawaiano. Il fatto che le medesime "sillabe", e perfino intere parole, vengano ripetute con una frequenza tale da rasentare il beffardo, è attinente più ad una concezione inconsciamente accomodante, che non volutamente criptica.

L'alfabeto che viene usato, oltre a non essere stato ancora decifrato, è unico. Sono però state riconosciute 19-28 probabili lettere, che non hanno nessun legame con gli alfabeti attualmente conosciuti. Si sospetta inoltre che siano stati usati due alfabeti complementari ma non uguali, e che il manoscritto sia stato redatto da più persone. Imprescindibile quanto significativa in tal senso è poi l'assoluta mancanza di errori ortografici, cancellature o esitazioni, elementi costanti invece in qualunque altro manoscritto.

In alcuni passi ci sono delle parole ripetute anche 4 o più volte consecutivament

Le parole contenute nel manoscritto presentano frequenti ripetizioni di sillabe. Ciò spinse due studiosi (William Friedman e John Tiltman) ad ipotizzare che fosse scritto in una lingua filosofica, ossia in una lingua artificiale in cui ogni parola è composta da un insieme di lettere o sillabe che rimandano ad una divisione dell'essere in categorie. L'esempio più noto di lingua artificiale è l'idioma analitico di John Wilkins, anche grazie all'omonimo racconto di Borges. In questa lingua, tutti gli enti sono catalogati in 40 categorie, suddivise in sotto categorie, e ad ognuna è associata una sillaba o una lettera: in questo modo, se la classe generale dei colori è indicata con 'robo-', allora il rosso si chiamerà 'roboc', il giallo 'robof', e così via. Questa ipotesi spiegherebbe la ripetizione di sillabe, ma fino ad oggi nessuno è riuscito a dare un senso razionale ai prefissi ed ai suffissi usati nel Voynich. Inoltre, le prime lingue filosofiche sembrano risalire a epoche successive alla probabile compilazione del manoscritto. A quest'ultimo proposito, è però facile obiettare che l'idea generale di lingua filosofica è tutto sommato semplice, e poteva preesistere.

Un'ipotesi contraria, molto più azzardata, è che sia stata proprio la visione del manoscritto a suggerire la possibilità di una lingua artificiale. Certo è che Johannes Marcus Marci era in contatto con Juan Caramuel y Lobkowitz, il cui libro 'Grammatica Audax' costituì l'ispirazione per l'idioma analitico di Wilkins[3].

Recentemente è stata avanzata un'ipotesi che chiarirebbe il motivo dell'inspiegabilità del testo e della sua resistenza a qualsiasi tentativo di decifrazione: Gordon Rugg, nel luglio 2004, ha individuato un metodo che potrebbe essere stato seguito dagli ipotetici autori per produrre "rumore casuale" in forma di sillabe. Questo metodo, realizzabile anche con strumenti del 1600, spiegherebbe la ripetitività delle sillabe e delle parole, l'assenza delle strutture tipiche della scrittura casuale e renderebbe credibile l'ipotesi che il testo sia un falso rinascimentale creato ad arte per truffare qualche studioso o sovrano. Già in passato lo studioso Jorge Stolfi dell'Università di Campinas (Brasile) aveva proposto l'ipotesi che il testo fosse stato composto mischiando sillabe casuali da tabelle di caratteri. Questo avrebbe spiegato le regolarità e le ripetizioni, ma non l'assenza di altre strutture di ripetizione, ad esempio le lettere doppie ravvicinate. Rugg partì dall'idea che il testo fosse stato composto con metodi combinatori noti negli anni tra il 1400 e il 1600: uno di questi metodi, che attirò la sua attenzione, fu quello della cosiddetta griglia di Cardano creata da Girolamo Cardano nel 1550.

Il metodo consiste nel sovrapporre ad una tabella di caratteri o ad un testo una seconda griglia, con solo alcune caselle ritagliate in modo da permettere di leggere la tabella inferiore. La sovrapposizione oscura le parti superflue del testo, lasciando visibile il messaggio. Rugg ha ricondotto il metodo di creazione ad una griglia di 36×40 caselle, a cui viene sovrapposta una maschera con 3 fori, che compongono i tre elementi della parola (prefisso, centrale e suffisso). Il metodo, molto semplice da usare, avrebbe permesso all'anonimo di realizzare il testo molto rapidamente partendo da una singola griglia piazzata in diverse posizioni. Questo ha rimosso il principale dubbio correlato alla teoria del falso, cioè che un testo di tali proporzioni con caratteristiche sintattiche simili sarebbe stato molto difficile da realizzare senza un metodo di questo tipo. Rugg ha ottenuto alcune "regole base" del Voynichese, riconducibili a caratteristiche della tabella usata dall'autore: ad esempio la tabella originale aveva probabilmente le sillabe sul lato destro più lunghe, cosa che si riflette nella maggiore dimensione dei prefissi rispetto alle altre sillabe. Rugg ha tentato anche di capire se ci fosse un messaggio segreto codificato nel testo, ma l'analisi lo ha portato ad escludere questa ipotesi: per via della complessità di costruzione delle frasi e delle parole, è quasi certo che la griglia sia stata usata non per codificare, ma per comporre il testo.

Ricerche storiche seguenti a questo studio hanno portato ad attribuire a John Dee e ad Edward Kelley il testo. Il primo, studioso dell'età elisabettiana, avrebbe introdotto il secondo (noto falsario) alla corte di Rodolfo II intorno al 1580. Kelley era mago, oltre che truffatore, quindi ben conosceva i trucchi matematici di Cardano, e avrebbe realizzato il testo per ottenere una cospicua cifra o favori dal sovrano.

Secondo una più recente ed approfondita ricerca di National Geographic[4], il manoscritto sarebbe opera di Antonio Averlino, detto il Filarete, a scopo di spionaggio industriale ai danni della Serenissima ed a favore della Sublime Porta.
Il manoscritto nella letteratura

Il manoscritto è stato utilizzato come elemento letterario sia da Colin Wilson nel suo racconto di ispirazione lovecraftiana Il ritorno dei Lloigor sia dallo scrittore fantastico Valerio Evangelisti che, nella sua Trilogia di Nostradamus, lo assimila all'Arbor Mirabilis e ne fa un testo esoterico al centro di una trama complessa che si dipana attraverso la storia francese del XVI secolo[5].

Il manoscritto è anche protagonista del romanzo Il manoscritto di Dio di Michael Cordy[6] in cui viene in parte decifrato da una docente dell'università di Yale e risulta infine essere una mappa per ritrovare il Giardino dell'Eden. È presente anche nel romanzo La tomba di ghiaccio (The Charlemagne Pursuit, 2008) di Steve Berry. Nella striscia 593 del webcomic Xkcd il testo viene citato, ipotizzando che si tratti di un antico manuale di un gioco di ruolo.[7]

Nel 64º capitolo del romanzo Olympos di Dan Simmons si parla di un "manoscritto", senza però nominarlo ma individuandolo con una descrizione precisa del contenuto. Pochi paragrafi più avanti viene citato il collezionista di libri rari Wilfrid Voynich, ma senza un collegamento esplicito con l'opera. Il codice in questione viene definito "una bufala".

Il manoscritto è alla base di un’avventura in cui Martin Mystère, eroe della serie a fumetti omonima edito da Sergio Bonelli Editore, si trova alle prese con un fanatico telepredicatore, satelliti killer, monaci benedettini e francescani, un’intelligenza artificiale, gli Uomini in Nero, Atlantide e un’oscura minaccia che si appresta a distruggere l’intero pianeta.

Il manoscritto, infine, è parte anche della sottotrama del romanzo Pop.co dell'autrice britannica Scarlett Thomas, che ne dà una spiegazione di fantasia descrivendolo come un vero e proprio codice.

Fonte Wikipedia

NOTIZIE INFORMATIVE SUL VOYNICH

News

Il manoscritto di Voynich, il libro che nessuno riesce a leggere

(Susanna Panitti) – Anno 1912, Villa Mondragone, nei pressi di Roma: Wilfrid Voynich, libraio e mercante antiquario di origini russe, giunge da New York per esaminare i libri che il collegio dei Gesuiti è intenzionato a vendere per restaurare la villa. Qui il mercante si imbatte in un manoscritto senza titolo e di autore sconosciuto, ricco di illustrazioni e ricoperto da una scrittura incomprensibile. Affascinato, lo acquista e trascorre il resto della sua vita a tentare di decifrarlo: è l’inizio della storia del celebre manoscritto manoscritto-di-voynichVoynich, il libro “più misterioso del mondo”, l’opera che nessuno riesce a leggere.

Il manoscritto di Voyinich è un libro enigmatico sotto diversi punti di vista. Studiosi di tutto il mondo si interrogano da un secolo su quale sia la sua origine, su chi lo abbia scritto e perché, ma soprattutto in che lingua: persino i caratteri utilizzati, infatti, sono sconosciuti. Le illustrazioni che lo decorano sono altrettanto enigmatiche, dato che rappresentano piante e fiori ignoti, diagrammi zodiacali e schemi astrologici, corpi femminili immersi in misteriose acque verdi.
Per finire, la fattura: realizzato con pregiata pergamena di capretto, i colori usati per le illustrazioni sono di ottima qualità, così come la realizzazione tecnica. Un libro prezioso quanto inaccessibile, dato che non sembra essere stato scritto in nessuna delle lingue note. Per questo si è pensato all’uso di un codice, di cui però nessuno conosce la chiave: nemmeno William Friedman, il crittografo dei servizi segreti americani che svelava i codici nemici durante la seconda guerra mondiale e che se ne occupò nel 1945. Ancora oggi, quindi, il manoscritto Voynich è l’unico codice dell’antichità a non essere stato ancora decifrato.

Un libro, dunque, che non si lascia leggere, e che non ha neanche un autore. Nel corso del tempo, infatti, è stato attribuito a diversi personaggi, senza che se ne venisse mai a capo. Una prima attribuzione è stata tentata dallo stesso Voynich, che sulla prima pagina del volume aveva scoperto la firma, precedentemente cancellata, di tal Jacobus da Tepenece; si trattava di un medico e alchimista alla corte di Rodolfo II d’Asburgo, l’imperatore vissuto nel XVI secolo appassionato di collezionismo e scienze occulte.
Voynich però rinvenne anche una lettera datata 1665, in cui il medico reale di Rodolfo, Johannes Marcus Marci, inviava il volume a Roma affinché venisse decifrato. Il destinatario era il gesuita Athanasius Kircher, uno degli uomini più colti del XVII secolo, esperto più o meno in qualunque campo, compresi i linguaggi sconosciuti (fu una tra i primi a studiare i geroglifici egizi): è tra i volumi del gesuita che Voynich lo ritrovò.
Nella missiva Marci attribuiva il testo a Ruggero Bacone, al secolo Roger Bacon, il “doctor mirabilis” inglese vissuto nell’XI secolo, ma viene anche specificato che il testo era stato acquistato dall’imperatore Rodolfo per 600 ducati, all’epoca una cifra molto alta. È a partire da questa notizia che è stata sviluppata l’ipotesi della truffa, rimasta valida fino a qualche anno fa: si riteneva infatti che, essendo indecifrabile, il codice fosse semplicemente un falso, confezionato ad arte per essere venduto ad un appassionato come l’imperatore. L’autore del raggiro sarebbe stato Edward Kelley, un alchimista e manoscritto-voynichpresunto medium inglese che asseriva di poter parlare con gli angeli e che giunse alla corte di Rodolfo insieme all’amico e filosofo John Dee.

L’ipotesi della truffa è stata a lungo confortata anche da altri elementi, come la totale assenza di errori, ripensamenti o cancellature nel testo, che in un manoscritto, per quanto curato, sono la norma. Un altro elemento è la ripetizione continua di segni o intere “parole” – se di parole si può parlare: in una lingua naturale non capita di ripetere con tale frequenza vocaboli e segni in maniera così ravvicinata, come invece succede nel manoscritto.

Nel 2011, però, una nuova scoperta ha permesso se non altro di scagionare Kelley: l’analisi al carbonio-14 ha infatti accertato che il manoscritto risale a un periodo di tempo compreso tra il 1404 e 1438. Dunque non può essere Kelley l’autore, né il Tepenece o Bacone, né Leonardo o lo stesso Voynich, entrambi indicati da diverse teorie come possibili autori. Inoltre un recente studio sembra negare definitivamente l’ipotesi della truffa. Secondo un articolo pubblicato dalla rivista scientifica Plos One nel giugno del 2013, il testo sarebbe un codice basato sulla reiterazione delle parole, cioè proprio su una delle caratteristiche considerate fino a questo momento incriminanti.

Recentemente sono state sviluppate ipotesi più o meno fantasiose, che vedono nel manoscritto un codice non alfabetico bensì numerico, quasi fosse il primo foglio di calcolo della storia, o che collegano il manoscritto alla storia di Castel del Monte in Puglia, il quale, lungi dall’essere una residenza di caccia dell’imperatore Federico II, sarebbe stato lo scenario di una serie di riti finalizzati al raggiungimento dell’immortalità.
 

Fonte: leMag

RICERCHE SUL VOYNICH

Deftiisch

MANOSCRITTO VOYNICH
DESCRIZIONE

Oggi vi voglio parlare di un manoscritto, per la precisione del libro più misterioso del mondo.

Questo libro, il Manoscritto Voynich, composto di 102 fogli per un totale di 204 pagine, è alto 22 cm, largo 16 cm e spesso 4 cm. La rilegatura del libro era però fatta per 116 fogli, quindi si ritene che i 14 fogli mancanti siano andati perduti. Il testo è scritto in un idioma sconosciuto, inoltre vi si trovano immagini di piante mai viste prima. Vi si trovano inoltre numerose immagini di vario tipo, che hanno permesso agli studiosi di dividere il volume in capitoli tematici.

I capitoli del manoscritto, identificati dagli studiosi mediante l'esame delle immagini contenute, sono i seguenti:

1 – Botanica questo capitolo (che nel mio allegato va fino a pag 120) contiene centotredici disegni raffiguranti piante sconosciute;

2 – Astronomia o Astrologia In questo capitolo (pag 121-134) si trovano venticinque diagrammi che sembrano rappresentare stelle, oltre ad alcuni segni zodiacali;

Voynich 13 – Biologia Questo capitolo (pag135- 157) contiene immagini di donne nude immerse in liquidi scuri, posti in vasche comunicanti, oppure attaccate a strani macchinari. La presenza dei corpi umani fa ritenere agli studiosi che questo potrebbe essere un trattato di biologia.

4 – Medaglioni subito dopo (pag 158)si trova un foglio ripiegato 6 volte, raffigurante nove cerchi, collegati tra loro, con illustrazioni all'interno. Non esiste nessuna teoria su cosa potrebbero rappresentare.

Voynich 35 – Farmacologia si ritiene comunemente che questo capitolo (pag 159 - 182) possa essere un trattato di farmacologia per via delle ampolle e delle fiale che vi sono rappresentati. A mio avviso, si tratta di un trattato di alchimia.

6 – Indice ? Questa sezione (pag 183 – fine) non contiene nessuna immagine, a parte delle stelle stilizzate sulla sinistra. Si ritiene che potrebbe essere un indice analitico del volume. A mio parere, ventitre pagine contenenti l'indice sono eccessive.
STORIA

Il manoscritto fu acquistato da un mercante di libri rari statunitense, Wilfrid Voynich (da qui il nome) nel 1912. Il libro, in precedenza, si trovava a Villa Mondragone, nelle vicinanze di Frascati. Qui si trovava un collegio gesuita che, bisognoso di fondi per restaurare la villa, vendette trenta volumi della biblioteca. I contatti tra i gesuiti e Wilfrid Voynich vennero tenuti da Padre Giuseppe Strickland (Joseph Strickland, nato nel 1864 e deceduto nel 1914). Tra i volumi della biblioteca gesuita si trovavano anche volumi provenienti dal Collegio Romano, qui trasportati per salvarli dagli espropri durante il nuovo Regno d'Italia.

All'interno del libro si trovava una lettere di Johannes Marcus Marci (13 giugno 1595 – 10 aprile 1667), rettore dell'università di Praga e medico reale di Ferdinando III e di Leopoldo I, con cui questo libro venne inviato a Roma, da Athanasius Kircher, per la decifrazione. Nella lettera allegata, recante l'intestazione Praga, 19 agosso 1665, Marci dichiarava di aver ricevuto il manoscritto da un suo amico, un alchimista chiamato Georg Baresch, e che fu in precendenza di proprietà dell'imperatore Rodolfo II di Boemia, da cui fu acquistato per seicento scudi perchè ritenuto opera di Ruggero Bacone. La datazione del testo è controversa, comunque un'analisi all'infrarosso (che ha rivelato una firma cancellata di Jacobus Horcicki, alchimista morto nel 1622) e un'immagine sul libro raffigurante un fiore simile al girasole (importato dall'America) lo fanno datare agli inizi del XVII secolo.

I detrattori dell'autenticità del manoscritto ritengono che si tratti di una truffa storica subita dall'imperatore Rodolfo II, e perpetrata dal filosofo John Dee e dal mago Edward Kelley.

Questo manoscritto, di cui non esistono copie, si trova nell'Università di Yale (USA), presso la “Beinecke Rare Bokko and Manuscript Library”, al numero di catalogo “Ms 408”

MANOSCRITTO VOYNICH, VERSO UNA SOLUZIONE

Forse ci siamo...

Richard Rogers, informatico di 58 anni, prossimo alla pensione, l'11 novembre del 2009 ha trovato il codice! Per secoli si è cercato di interpretare le parole del manoscritto, ma la verità è che il “libro più misterioso del mondo” non contiene parole. Bensì numeri.

La scoperta, come molte altre grandi scoperte, è avvenuta per caso...

Rogers, specialista nella gestione dei dati al Fleet Readiness Center East at Cherry Point, mentre stava lavorando ad un nuovo algoritmo per il Dipartimento di Stato americano, ha usato una pagina del manoscritto per testare il suo programma. E allora, il computer ha fornito i dati contenuti nel manoscritto in codice macchina. Praticamente, il Voynich è il primo foglio di calcolo della storia...

Tutto il manoscritto è basato su una griglia 8X8, praticamente una scacchiera (ma anche un simbolo della massoneria), e la prima pagina contiene solamente le istruzioni per leggere il manoscritto. Questa griglia contiene lettere nella parte alta e numeri in quella bassa. Il testo non contiene solamente algebra, ma anche le istruzioni per decifrare i messaggi e la simbologia del manoscritto. Secondo Rogers, il giardino di Villa Mondragone (Frascati), dove deve essere posizionata la griglia, potrebbe essere la vera chiave di lettura del manoscritto.

La ricerca non è ancora conclusa. Difatti Richard Rogers ormai si sta dedicando anima e corpo a portare avanti questa sua ricerca...

Attendo quindi speranzoso altre notizie...


FINALMENTE DATATO IL MANOSCRITTO VOYNICH!

Un importante aggiornamento riguardante il “Libro più misterioso del mondo.”

L'Università di Yale, custode del misterioso manoscritto, ha autorizzato la datazione al Radiocarbonio del manoscritto, attualmente conservato alla Binecke Rare Book and Manuscript Library.

Il team di ricercatori incaricato delle analisi, diretto da Greg Hodgins, ha prelevato quattro frammenti da altrettante pagine del manoscritto, ovviamente dai margini. Questi frammenti, lunghi sei millimetri e larghi uno, sono poi stati datati con il test del Radiocarbonio, ottenendo una datazione sorprendente: le pagine del manoscritto risalgono ad un periodo compreso tra il 1404 e il 1438. Purtroppo, secondo Greg Hodgins, la datazione degli inchiostri presenta problemi di difficile soluzione, dovuti alla scarsità, se non assenza, del carbonio negli inchiostri.

La datazione delle pagine rende comunque meno credibile l'ipotesi che il manoscritto sia stato realizzato per truffare l'imperatore Rodolfo II (1552-1612). Anche ammettendo che un eventuale truffatore si sarebbe procurato della carta vecchia per realizzare il manoscritto, procurarsi una tale quantità di un materiale che, all'inizio del XV secolo, era raro e costoso, era decisamente difficile.

Un altro tassello del mistero di questo antico manoscritto va al suo posto.

Fonte: INFORMAIONI studi sul mistero

Deftiisch

È rimasto indecifrabile per secoli, il misterioso manoscritto Voynich, il codice medioevale acquistato agli inizi del Ventesimo secolo dal mercante di libri Wilfrid Voynich da un collegio gesuita italiano. Ma il manoscritto comincia a perdere parte del suo alone di mistero ora che Stephen Bax della University of Bedfordshire è riuscito a mettere insieme un minimo di alfabeto Voynich, abbinando alcuni dei simboli contenuti nel libro a dei suoni. E suggerendo che le origini del linguaggio usato per il codice rimandano all’Asia occidentale e non al Messico, come recentemente ipotizzato.
Gran parte del codice resta ancora oggi indecifrabile, visto che i simboli usati non sono riconducibili a nessun linguaggio noto, ma le analisi di Bax potrebbero essere la chiave di volta per portare alla luce quel che nasconde il manoscritto, denso di rappresentazioni botaniche, astronomiche e figure umane.
Per interpretarne il contenuto Bax ha analizzato alcune parole potenzialmente rappresentanti dei disegni, per via della loro collocazione, e le ha quindi confrontate con i nomi corrispondenti allo stesso disegno ma in altre lingue. “Il manoscritto ha un sacco di illustrazioni di stelle e piante”, ha dichiarato Bax, “Sono stato in grado di identificare alcuni di questi, con i loro nomi, cercando in manoscritti medievali a base di erbe in arabo e in altre lingue, e poi ho cominciato a decodificarli, con alcuni risultati entusiasmanti”.
Così, per esempio, racconta il New Scientist, una parola vicino  a una possibile rappresentazione di una pianta di ginepro è stata accostata alla parola “oror” scritta nell’alfabeto romano e quindi alla pronuncia “a’ra’r” del nome arabo usato per il ginepro. Alcuni simboli usati in questa parola sono quindi stati trovati anche in una rappresentazione di stelle nel libro, forse quella delle Pleiadi, nella costellazione del Toro, identificando un potenziale termine corrispondente alla parola Taurus.
Procedendo in questo modo Bax ha decodificato 14 simboli in tutto, riuscendo a leggere pochissime parole (come quelle per ginepro e Taurus, ma anche elleboro e coriandolo). Ancora pochi, ma lo scienziato spera di coinvolgere altri linguisti a lavorare sul suo metodo per mettere insieme un alfabeto Voynich completo. Per ora, conclude il ricercatore, le similitudini con il latino, il greco e l’arabo portano a credere che il manoscritto sia un trattato sulla natura originario delle regioni caucasiche dell’Asia occidentale.